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Il Sambuco

Il Sambuco (Sambucus nigra) è una pianta appartenente alla famiglia delle Caprifoliacee. E’ molto diffusa in ogni tipo di territorio:  predilige luoghi soleggiati ed incolti, ma è anche presente in prossimità di corsi d’acqua e zone umide. Può essere alto fino a 9 metri, ha fusti che spuntano eretti dal terreno, per poi inarcarsi verso terra, conferendo alla pianta l’aspetto caratteristico “a doccia”, che la rende riconoscibile anche durante l’inverno. I rami sono provvisti di un midollo spugnoso che, invecchiando, forma un canale interno. Questi rami vengono, per tale motivo, ricercati dai bambini, che ne fanno fischietti e cerbottane. Il sambuco ha foglie decidue, composte, formate da 5-7 foglioline di forma ovata e margine seghettato e, strofinate, emettono un odore sgradevole.

Ci sono una ventina di specie diverse di sambuco: Dioscoride (1° d.C) fu il primo a classificare il Sambucus nigra, distinguendolo dal suo simile Sambucus ebulus, o ebbio. Pur avendo le stesse proprietà medicamentose, il secondo si distingue dal primo per i suoi fusti erbacei molto sviluppati, per i fiori dall’odore di mandorle amare e i frutti velenosi.

Il sambuco  attira il nostro sguardo per le sue infiorescenze bianche e profumate, che compaiono ad aprile –maggio; la corolla è formata da 5 petali bianco-giallastri riuniti in ombrelle terminali a cui seguono frutti prima rossi, poi neri a maturità, globosi e commestibili, buoni per preparare sciroppi e marmellate. Le bacche devono essere raccolte a fine agosto, quando sono molto mature, altrimenti possono risultare lassative.

Il nome deriva dal latino “sambucus”, riferito verosimilmente ad un piccolo flauto,il “sambuco” appunto, in voga presso i latini e tuttora facilmente realizzabile con un ramoscello di questa pianta priva del midollo interno.

Questa pianta era già conosciuta dai popoli preistorici: lo testimoniano dei grandi mucchi di semi delle sue bacche, trovati durante scavi archeologici presso insediamenti neolitici in Italia e in Svizzera. Con molta probabilità quelle popolazioni primitive preparavano bevande fermentate o tinture per tessuti a base di bacche di sambuco. Nell’antichità,  presso i pagani, a questo albero si attribuivano  poteri magici legati ai riti funebri ed era utilizzato come protezione da demoni e streghe, ecco perché un albero di sambuco era sempre presente presso le case contadine o i monasteri.

I costituenti principali del sambuco sono i polifenoli fra cui: antociani, flavonoidi, vitamine, sali minerali (soprattutto potassio e calcio).

Al sambuco vengono riconosciute proprietà diuretiche, sudorifere ( viene definito aspirina vegetale), lassative, digestive, antigeodetiche (diminuzione dei gas intestinali), antireumatiche, antinevralgiche ed emollienti.

Le proprietà curative del sambuco erano così apprezzate nel passato, che in Austria questo piccolo albero veniva chiamato “Farmacia degli Dei” e secondo la tradizione contadina,  bisognava inchinarsi 7 volte al cospetto di una pianta di sambuco, perché da sette sue parti si potevano estrarre potenti medicamenti: i fiori, per le loro funzioni depuranti, i frutti, utilizzati contro la bronchite e mali da raffreddamento, le foglie, usate come preziosi  impacchi per la pelle, la corteccia come riequilibrante intestinale, le radici sotto forma di decotto contro la gotta, la resina contro le lussazioni ed infine i germogli contro le nevralgie.

L’insieme dei principi attivi del sambuco favorisce l’eliminazione degli acidi urici e si rivela infatti molto utile nella cura della gotta. I fiori sono ricchi di flavonoidi, la cui azione protegge l’apparato circolatorio, agendo sul sistema venoso e diminuendo la fragilità capillare. I frutti hanno effetto lassativo, mentre il decotto caldo di germogli è utile per calmare le nevralgie. Le foglie, applicate come impacchi, curano le malattie della pelle, ma sono utili anche a calmare il dolore e l’infiammazione causata da scottature e ferite.

I fiori sono anche un ottimo depurativo e diuretico, possono essere adoperati per contrastare il raffreddore e le malattie da raffreddamento, sono febbrifughi, rilassanti e stimolano la sudorazione, oltre a essere un buon rimedio contro i geloni, le emorroidi e gli ascessi.  Inoltre, sotto forma di lozione, curano alcune infezioni oculari e mantengono la pelle morbida. Le bacche, ridotte a sciroppo,  curano le infiammazioni di bronchi e polmoni, sono ricche di vitamine, rinforzano il sistema immunitario e sono quindi utili per prevenire raffreddamenti e infezioni stagionali. La corteccia, come le bacche, è lassativa ed emetica, a seconda delle dosi ingerite.

Dal legno tenero dei giovani rami svuotati del midollo,  si ottenevano fischietti o flauti a cui, nella tradizione, venivano attribuiti poteri magici, capaci di allontanare sortilegi e negatività. Per rendere magico il suono del flauto, come quello della celebre opera di Mozart,  il ramo doveva essere tagliato in un luogo silenzioso, lontano dal canto del gallo che avrebbe rovinato e reso rauco il suono dello strumento

Il sambuco è un albero molto amato dalle fate e dalle luminose entità dell’invisibile. In molte culture celtiche e nordiche, era considerato una rappresentazione della Grande Madre: si diceva che il suo divino potere femminile scorresse nelle vene legnose della pianta, rendendola quasi un essere animato che incuteva non poco timore.

Nei colori dell’albero erano rappresentati i tre volti della Dea: i bianche e profumati fiorellini erano l’immagine della  Fanciulla Vergine, il verde dei rametti e delle foglie rappresentavano la Madre rigogliosa e le bacche nero violacee, la Strega oscura. L’aspetto più potente e prevalente nel sambuco, secondo le tradizioni, era quello della Strega e si arrivava a credere che l’albero non fosse realmente tale, ma una strega o un altro essere maligno, che aveva preso le sembianze di pianta.

Per questo il sambuco era associato all’oscurità, alla magia, alla divinazione, ma anche al viaggio verso le profondità della terra bruna e, in particolar modo, alla morte. Si diceva che il profumo dei fiori conducesse nell’Altromondo, che dormire sotto le sue fronde potesse voler dire non svegliarsi mai più.

Il sambuco era quindi una porta di Morte, ma anche di Rigenerazione e nutrimento, dato che ogni sua parte aiutava l’uomo contro pericoli e malattie. Nel calendario arboricolo celtico, il sambuco è l’albero del tredicesimo mese, l’ultimo del ciclo, il cui apice corrispondeva al Solstizio d’Inverno e quindi al buio peggiore, alla sterilità e al freddo, portati dall’orrenda Megera dal volto mortifero.

Secondo la numerologia, il numero tredici simboleggia la fine di un ciclo, la morte, ma anche l’Iniziazione e la rinascita. Il sambuco è quindi da sempre legato all’eterno ciclo della vita e della morte. La pianta, considerata sacra dalla tradizione folkloristica germanica, aveva un ruolo importante nella leggenda di San Giorgio che ingannò il drago che stava per sbranare la principessa Cleodolinda di Morchiuso.

 I nomi con cui il sambuco veniva chiamato, rispecchiano tutti l’amore e il rispetto che si provava nei confronti di questo splendido essere vegetale: i Celti lo chiamavano “Nostra Signora” o “Madre Sambuco”, i popoli germanici lo chiamavano “Albero di Holle” o Albero di Holda, dal nome di un essere benigno dai lunghi capelli d’oro, dimorante presso i laghi o le sorgenti. Holda, o Holle,  era la Regina delle Fate, la Dea nordica, che poteva apparire in queste vesti affascinanti, ma poteva anche mostrarsi sotto forma di una strega terribile, con lunghe e pericolose zanne e lineamenti selvatici: era la splendente e luminosa Madre, ma anche Signora del regno sotterraneo, personificazione delle forze sismiche e infernali. Con l’aspetto di una bizzarra donna dal pauroso aspetto, Holle è la protagonista dell’omonima favola dei fratelli Grimm, in cui ella, più simile ad una strega che ad una fata,  rappresenta la madrina- Maestra che aiuta le fanciulle meritevoli nel loro cammino iniziatico verso la conoscenza dei mondi sottili.

Nel sambuco, secondo la tradizione, si nascondevano anche elfi e folletti: i primi prediligevano i suoi cespugli, i secondi preferivano accoccolarsi nel tenero midollo dei suoi ramoscelli.

Gli abitanti degli antichi paeselli pagani, nella festa di mezz’estate, andavano alla ricerca dello spirito del sambuco, danzando intorno alla pianta e portando tra i capelli coroncine fatte con i suoi fiori.

In Svezia si diceva addirittura che, durante questa magica festa, nascondendosi sotto un sambuco, si sarebbe riusciti ad assistere alla processione del Re degli Elfi e della sua corte.

I contadini tedeschi credevano che lo Spirito materno dell’albero avrebbe lenito i loro dolori, e quando erano afflitti da un fastidioso ascesso o dal dolore provocato da un morso di serpente, si recavano al sambuco per invocare l’aiuto della Signora e per prelevare una scheggia dalla corteccia dell’albero. Tornati a casa, si incidevano le gengive con questa, sporcandola di sangue. Poi tornavano al sambuco, camminando all’indietro, e riponevano la scheggia laddove l’avevano presa: in questo modo la Fata li avrebbe guariti.

Al sambuco venivano attribuite anche delle proprietà divinatorie. Se durante l’estate i suoi fiori fossero stati piccoli e sottili, il raccolto sarebbe stato povero, ma se i fiori erano corposi e forti, il raccolto sarebbe stato ottimo. Era tradizione porre anche dei doni ai piedi di questi magici alberi: generalmente dolci e latte fresco, pane e birra. Si pensava infatti che le fate che lo abitavano, avrebbero mostrato benevolenza se avessero ricevuto amore e cure costanti, ma avrebbero portato sfortuna e incidenti, se fosse stato il contrario. Tra i celti il sambuco veniva piantato vicino a case, stalle e castelli, perché avrebbe protetto la famiglia da malefici e da serpenti velenosi: tale cura doveva trasmettersi di generazione in generazione e coinvolgere tutti i membri della famiglia o della comunità. Sradicare, tagliare o bruciare la pianta,  sarebbe stata una grave offesa alla Dea. Non era infatti prudente fare culle con legno di sambuco: le fate si sarebbero vendicate facendo dispetti ai piccoli che vi dormivano, dando loro morsetti e  pizzicotti.

Ancora nel XIII secolo, in Francia, un monaco lamentava il perdurare, nonostante i divieti, dell’usanza secondo cui le donne portavano i loro bambini ai piedi del magico sambuco, recando doni e offerte, in cambio di protezione e le donne incinte continuavano a baciarne la corteccia chiedendo un parto facile.

Indossato, il sambuco annulla gli influssi negativi di ogni tipo. Possiamo farne lo stesso uso,  appendendolo sulla porta di casa e sulle finestre.
Se ne fanno ottime bacchette, e non va MAI bruciato!

Tante sono le preparazioni a base di sambuco: se ne fanno unguenti, cataplasmi, marmellate e infusi per ogni problema. Qui ne riporto solo un paio per la gioia delle signore che amano cucinare.

-LIQUORE DI SAMBUCO
Si prendono 500 grammi di frutti di sambuco, si pestano e si lasciano fermentare per almeno 12 ore. Si filtra e il succo ottenuto si pone in un vaso con 250 grammi di zucchero, la buccia di un limone, 10 foglie di cedrina e tanto alcool a 95°, quanto serve per riempire un vaso da 2 litri. Si pone il recipiente a macerare al calore del sole, si scuote una volta al giorno durante la prima settimana, si lascia riposare per un paio di mesi prima di filtrare e iniziarne il consumo..

-FIORI PASTELLATI

Si prendono le ampie ombrelle di fiori, si  privano dei peduncoli, si lavano velocemente, si lasciano sgocciolare, infine si immergono velocemente nella pastella preparata con acqua, farina e sale q.b.  Si friggono in abbondante olio, si scolano con il mestolo forato, si passano sulla carta assorbente e si servono calde e croccanti.

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