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Epifania e i suoi riti magici

Epifania e i suoi riti magici

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L’Epifania, il giorno che conclude il ciclo delle notti sante,  è una festa. carica di misteri e di valenze antiche. Il periodo tra Santo Stefano e l’Epifania è un periodo dell’anno storicamente ricco di rituali e usanze legate alla Terra, all’inizio del nuovo raccolto e all’idea di propiziarsi fortuna e prosperità nell’anno nuovo. Anche presso la Roma antica il periodo tra il 21 dicembre e il 9 gennaio era denso di celebrazioni, era un lungo arco di festività noto come le Kalendae januari. Il calendario giuliano, promulgato da Giulio Cesare (da cui prende il nome), nella sua qualità di pontefice massimo, nell’anno 46 a.C., fissava il solstizio d’inverno  nel 25 dicembre, mentre in realtà lo stesso cade il 21 dicembre e determina  l’inizio astronomico della stagione fredda. Questo errore dipendeva dal fatto che i romani non conoscevano alcuna legge di astronomia, ma anche quando ne vennero a conoscenza, preferirono mantenere la data del 25 dicembre, collegandola al giorno della nascita del Sole, che per volere dell’imperatore Aureliano nel 274 d.C., divenne una festa nazionale con i riti del Dies Natalis Solis Invictis ( il giorno natale del Sole vittorioso). Durante quella notte in ogni luogo si accendevano grandi falò, in segno di festa. Questa ricorrenza  si collocava in un periodo importantissimo del calendario romano, poiché chiudeva i Saturnalia, che si celebravano dal 17 al 23 dicembre, in onore di Saturno, antico dio romano della semina e dava inizio, dopo la sua conclusione, alle feste Sigillaria, o feste dei doni, che cominciavano il primo giorno di gennaio,    seguite ancora dalle feste Agonalia che avevano termine il 9 gennaio. Le Sigillarie, istituite da Tazio, re dei Sabini,  si chiamavano così perché era tradizione, in occasione di tali feste,  scambiarsi alcuni doni augurali e di offrire agli dei Lari delle piccole statue di argille o di bronzo; dette ” sigilla”, dal latino ” sigillum” diminutivo di ” signum”, che voleva appunto significare “piccole statue”. La tradizione degli auguri e dei doni si radicò così profondamente nella gente, che anche la Chiesa in seguito dovette permetterla.

La parola Epifania deriva dal greco “epifàino”, che significa “mi rendo manifesto”, riferito alla nascita del Redentore e alla sua presentazione al mondo, di cui sono simboli i Re Magi. “L’Epifania è il segno sacro di quella grazia e l’inizio di quella vocazione per cui non solo nella Giudea, ma in tutto il mondo si sarebbe predicato il Vangelo”, scrive San Leone Magno. La stella che, secondo l’Evangelista Matteo, condusse i Magi in Oriente, ha une forte valore simbolico: è sempre una stella che annuncia nascite ed eventi straordinari.

Nella tradizione diffusa in tutta l’Europa, il periodo fra il Natale e l’Epifania, è ritenuto propizio alle streghe e ad alcuni fenomeni magici che sono entrati a far parte delle nostre radici culturali. Nel periodo romano politeista, si credeva che Diana, la dea della caccia e della fecondità,  nelle notti che precedevano l’inizio della nuova semina, passasse, con un gruppo di donne, sopra i campi, proprio per renderli fertili e fecondi. Certe credenze radicate tuttora nelle nostre tradizioni popolari, raccontano infatti di voli notturni legati ai culti propiziatori della fecondità e fertilità. Con il tempo le divinità campestri divennero, nella fantasia popolare, delle vere e proprie streghe ed i loro voli e convegni a cavallo tra il vecchio ed il nuovo anno, volti in origine a procurare bene e fertilità, si trasformarono nel sabba diabolico con il suo corredo di superstizioni e paure. In alcune parti della Slesia, i contadini facevano bruciare della resina di pino tutte le notti, tra Natale e Capodanno, affinchè l’acre fumo cacciasse via tutte le streghe e gli spiriti maligni. In alcune città del Tirolo, il 5 gennaio, sei giovani mascherati chiamati ” Glockelsanger”, giravano di casa in casa,  bastonando un fantoccio che si portavano dietro, la strega Zuschweil, che personificava la causa di ogni male. Anche nelle campagne italiane, la sera della vigilia dell’Epifania, si usava attraversare prati e campi con delle torce accese, per spaventare e scacciare gli spiriti del male, che avrebbero potuto arrecare danni ad un futuro raccolto. Da tutto questo insieme di miti, leggende e riferimenti storici e magici, la figura della Befana  emerge come simbolo di tutte queste suggestioni e trasposizioni culturali. La figura della Befana è un compendio di simbologie e tradizioni del passato: in alcune rappresentazioni vediamo una serena e pacifica vecchietta sorridente, in altre  una vecchia brutta e sdentata, più simile ad una strega che a una fata benevola. Col passare dei secoli la tradizione pagana fece spazio alle interpretazioni cristiane: la bella Diana diviene una brutta donna e i riti dei falò (si bruciava il vecchio per dare spazio al nuovo), diventano dei veri e propri roghi per allontanare una  simbolica, vecchia strega. Le contaminazioni pagane e cristiane generano quindi una figura di donna che è un misto di entrambe le culture, da una parte vive la buona Diana e dall’altra la cattiva strega che deve essere bruciata. Per alcuni, la Befana rappresenta l’anno vecchio,  per altri rappresenta Madre Natura che, ormai invecchiata e improduttiva, è destinata ad essere bruciata e dalle cui ceneri risorgerà, rinnovata, in Primavera. Viene da chiedersi se la Befana è una fata o una strega. Secondo me nella fantasia popolare è tutte e due le cose insieme e questa ambiguità è la componente più importante e più affascinante del suo carattere. Spaventosa nell’aspetto fisico, terribile per i suoi poteri magici come il volare ed il penetrare non vista nelle case; usa tuttavia questi suoi poteri in senso benefico. Il mistero di questo personaggio ha favorito il nascere di mille ipotesi e congetture: per molti, la Befana viene dall’ inferno, dove abita con altre streghe sue pari, uscendone soltanto per venire sulla terra la notte dell’Epifania. Altri, invece, dicono che abiti in un paese misterioso, nel quale si rifornisce di ricche provviste per i suoi doni. Altre credenze raccontano di come la Befana passi tutto l’anno nascosta nella gola di un camino, riposandosi dalle immani fatiche della sua notte. Come tutti gli esseri magici, la Befana fa della notte nera e misteriosa il teatro delle sue magiche scorribande e detiene il dominio di incredibili poteri, dei quali il più straordinario è appunto quello di volare. La scopa della Befana si dice che sia  fatta con fili di una saggina preparata appositamente per lei e con il manico di legno di viburno, il Viburno Lantana di Linneo, pianta magica con virtù soprannaturali, di cui sono fatte le bacchette magiche di fate e streghe. Allo scoccare della mezzanotte la tradizione popolare vuole che nelle case si verifichino tanti prodigi: i muri si trasformano in ricotta, le lenzuola in lasagne, gli animali cominciano a parlare. Probabilmente il personaggio della Befana trae origine dagli antichi miti e da leggende nordiche e la sua doppia natura, a mio parere, è un retaggio biblico: Eva, la prima donna è insieme angelo e demonio, la compagna del primo uomo, Adamo, ma anche colei che poi si lascia sedurre dal serpente e conduce l’uomo alla rovina. La doppia natura della donna è un concetto che anche la Chiesa Cattolica ha spesso messo in rilievo per secoli, passando dal glorificarla al  demonizzarla.

Quello del falò della strega è un rito purificatorio: la vecchia Madre Natura dell’anno trascorso doveva essere bruciata come un ramo secco, per far si che dalle sue ceneri risorgesse la nuova giovane natura feconda, una Luna Nuova. Prima di essere sacrificata però la vecchia signora passa da sempre di casa in casa per lasciare doni, che altro non sono che le nuove sementi che germoglieranno durante l’anno appena iniziato. Questo rito trova il suo culmine a febbraio, nel periodo della Candelora e del Carnevale, quando si fa un gran chiasso e si accendono fuochi proprio per purificare la Madre Terra e noi stessi e per scacciare i “demoni” dell’oscuro inverno.

Nella notte dell’Epifania ci  sono grandi forze propiziatorie, che rendono possibile il buon esito di incantesimi molto potenti legati al cambiamento e allo sblocco di situazioni ferme, soprattutto in campo affettivo. Accendiamo, in sicurezza, un piccolo fuoco sotto un calderone di rame e in esso poniamo a bruciare delle foglie secche. In questo fuoco mettiamo ad ardere anche un pezzetto di mirra, che profumerà la stanza e due pezzi di carta bianca: sul primo avremo scritto ciò di cui vogliamo liberarci nel nuovo anno e che desideriamo cancellare dalla nostra vita, sul secondo il desiderio che vogliamo si realizzi entro i 12 mesi del nuovo anno. Prima di bruciare i fogli di  carta, leggiamone il contenuto ad alta voce per tre volte, battendo il piede destro a terra sempre per 3 volte e poi lasciamo che tutto sia consumato dal fuoco all’interno del recipiente di rame. Una volta spente e fredde, disperdiamo poi le ceneri dell’incantesimo attorno a casa nostra, in giardino, sul balcone e pochi pizzichi anche in casa, dentro dei vasi di fiori a contatto con la terra. Nel piccolo recipiente di rame che abbiamo usato per il rito, mettiamo invece del sale grosso marino, chiodi di garofano e cumino, e sistemiamolo in casa su uno scaffale o una mensola, lontano da occhi e mani indiscrete.

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