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Ostara

Ostara, chiamata anche Eostre, Eastre oppure Eostar, è uno degli otto sabbat pagani, che  celebra il giorno dell’equinozio di primavera, il 21 marzo. Siamo di fronte alla magia di un nuovo inizio, nell’armonioso equilibrio di luce e buio, siamo al mattino del mondo, nella luce crescente e chiara che, giorno dopo giorno, allontana il ricordo del buio dell’inverno. Nell’equilibrio e nell’armonia di luce e buio, luna e sole, si apre un mondo nuovo, che promette fertilità e abbondanza, nuovi colori e nuovi profumi: la Primavera, stagione di creatività e di danze gioiose.
La natura comincia a manifestarsi in una veste di grazia e vitalità, rivelandosi lentamente e con timidi accenni di nuove forze ed energie.  

La festa è di origine germanica, infatti prende il nome dalla dea Eostre, patrona della fertilità, dal cui nome deriva “easter”, che in inglese vuol dire primavera o Pasqua, come anche il termine Ostara. Il culto di Eostre si diffuse, con relativi riti e usanze festive, a tutta l’Europa toccata dalle invasioni germaniche. Nella letteratura europea troviamo per la prima volta il nome di Eostre nel “De temporum ratione” scritto da Beda il Venerabile, che riconduce il nome di questa dea, ai termini “aus” e “aes”, che significano “est”, luogo dove nasce il sole: Eostre è una dea legata alla fertilità e alla nascita, dal suo nome infatti deriva il termine “estrogeni”.

Ostara, l’Equinozio di Primavera, è anche il momento dell’incontro della Dea e del Dio fanciulli, il momento in cui si esce dall’interiorità del lungo inverno e si va incontro all’Altro, verso la scoperta della luce di  un nuovo mondo, verso l’innamoramento e la trasformazione. Il giovane Dio Sole si unisce in ierogamia con la giovane fanciulla Dea, che concepisce e dopo nove mesi tornerà ad essere la Grande Madre. E ‘un momento di grande fertilità, nuova crescita ed energia creatrice. Nell’antichità, durante l’Equinozio di Primavera, le sacerdotesse della dea celebravano un particolare rito che prevedeva l’accensione di un cero simboleggiante la fiamma eterna dell’esistenza. Il cero restava acceso all’interno dei templi dedicati alla dea, e veniva spento solo all’alba del giorno seguente. Durante la festività venivano celebrati rituali ierogamici, tuttora in uso presso alcune correnti del Neopaganesimo, e in particolare da alcuni gruppi wiccani: si celebra  la rinascita della vita, esaltata e sacralizzata attraverso l’unione sessuale. Anche presso i popoli anglo-sassoni in questo periodo, si celebravano feste in onore della dea Eostre: il nostro aprile veniva chiamato  Eostre-monath  ed era associato a vari aspetti connessi col rinnovarsi della vita quali la primavera, la fertilità e il coniglio, animale prolifico per antonomasia.  Il coniglio è un animale notturno per la maggior parte dell’anno, ma a marzo, quando inizia la stagione degli amori, esce dal suo rifugio in cerca della femmina, che è molto prolifica e può concepire una seconda cucciolata mentre è ancora incinta della prima.

Gli Equinozi non sono feste celtiche, ma sono festività che appartengono all’area sud europea.

I popoli più nordici come i Celti, spostavano questa ricorrenza a Beltane, festa della riproduzione del bestiame, con una matrice agricola meno marcata rispetto alle feste dell’area mediterranea, dove  l’Equinozio e i rituali che venivano celebrati in prossimità di queste corrispondenze, avevano in realtà un’importanza maggiore rispetto a Beltane.  

L’Equinozio di Primavera corrisponde al momento dell’unione, in un simbolismo cosmico legato al risveglio della Natura; viene esaltato il tema del matrimonio fra una divinità maschile, appartenente alla sfera solare, ed una femminile, legata alla Terra o alla luna. Con l’avvento della cultura cristiana, la festa di Ostara venne assimilata alla Pasqua, che viene celebrata al primo plenilunio successivo all’equinozio di primavera. La nuova festa cristiana, ancora priva di un nome, in certe lingue assimilò anche la nomenclatura della vecchia festa. Ancora oggi, infatti, in inglese la Pasqua è chiamata Easter, e in tedesco Ostern. Anche parecchi simboli della tradizione antica furono adottati dalle festività attuali, tra questi si possono citare il coniglio, simbolo di fertilità e prosperità;  l’uovo, simbolo dell’embrione primordiale da cui scaturisce l’esistenza,  i colori pastello, simboli della natura che si rinnova; i semi, che ricordano il magico ritmo della vita.

Ostara è un momento di rinnovamento e di rinascita, e alla cura che dedichiamo alle nostre erbe, deve corrispondere un atteggiamento di amore verso noi stessi e verso la nostra vita concreta e spirituale. Dedichiamoci a nuovi progetti, prendiamoci del tempo per festeggiare la nuova vita che ci circonda. Andiamo a  piedi nudi sull’erba, facciamo escursioni nei boschi e osserviamo con amore e gratitudine, tutte le cose nuove che cominciano a prendere vita intorno a noi: piante, fiori, insetti, uccelli. Meditiamo sul ritmo perenne della vita e celebriamo con gioia il cambiamento delle stagioni. E’ il momento adatto per aprirsi ai sentimenti e viverli nella loro totalità, per rinascere con la Natura e fondersi con la Madre Terra, celebrare la vita che sboccia e si manifesta in tutte le sue forme. Cerchiamo di entrare in contatto con noi stessi e scopriamo quali sono le nostre potenzialità, rafforziamoci spiritualmente vivendo in analogia con la natura, questo è il vero senso del neopaganesimo: un percorso che giunge alla fusione col Divino, attraverso il profondo rapporto con la Natura, nella consapevolezza che non siamo entità estranee alla Madre, ma ne facciamo parte. I rituali come fare il cerchio o accendere candele, sono importanti, ma ciò che conta veramente è che sentiamo germogliare il calore, l’amore e la gioia che sono penetrati in noi ad Imbolc, e che siamo pronti a rinnovarci nel corpo e nello spirito.

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