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Yule

Yule ( o Farlas) era la festa del solstizio invernale, la notte più lunga dell’anno nelle tradizioni germanica e Celtica precristiana. Man mano che l’anno volge al termine, le notti diventano più lunghe, mentre le ore di luce sono sempre più brevi, il ritmo della natura sembra sospeso in attesa di una trasformazione, il tempo stesso pare fermarsi, fino ad arrivare al 21 dicembre, giorno del Solstizio invernale. E’ uno dei momenti di passaggio dell’anno, forse il più magico e significativo: l’oscuritá regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo, cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sul grigiore invernale. Nel paganesimo e nel neopaganesimo, soprattutto in quello germanico, Yule rappresenta uno degli otto giorni solari, o sabbat; e viene celebrato intorno al 21 dicembre nell’emisfero settentrionale e intorno al 21 giugno in quello meridionale.
Come tutti i momenti di passaggio, Yule è un periodo carico di valenze simboliche e magiche, strettamente collegato a miti e simboli provenienti da un passato lontanissimo. Yule, o Farlas, è insieme festa di morte, trasformazione e rinascita. Il Re Oscuro, il Vecchio Sole, muore e si trasforma nel Sole Bambino che rinasce dall’utero della Dea: all’alba la Grande Madre Terra dá alla luce il Sole Dio.

Nel Cristianesimo il Natale è il giorno della rinascita del sole, stabilito il 25 dicembre da Papa Giulio I (337 -352) allo scopo di glorificare la nascita di Gesù Cristo, “Sole di giustizia”, e creare una celebrazione alternativa alla più popolare festa pagana. in cui  la Grande Madre dava vita al Sole Bambino, che porta con sè speranza e la promessa dell’estate. E’ il magico momento in cui abbandoniamo tutte le nostre paure, dubbi, progetti stanchi e logori, insieme a tutto ciò che ci tiene lontani dal rinnovamento e dalla crescita. E’ il momento di lasciarsi alle spalle il passato e di iniziare un diverso percorso di luce. Alcune streghe accendono una candela dorata nel calderone, simbolo della rinascita,  e lo saltano esprimendo desideri  per l’anno che verrà. E’ una notte di rinnovamento per i nostri corpi e per i nostri spiriti.

La parola Yule si ritiene possa verosimilmente derivare dalla parola scandinava o anglosassone “Iul”, o dal norvegese “jul” che hanno lo stesso significato, “ruota”, quindi una data che segna il punto definitivo nella Ruota dell’Anno.

C’è da ricordare che Jolfoor e Jolnir, divinità legate a Yule, sono alcuni dei nomi di Odino.
Anticamente, la tradizione voleva che fosse proprio Odino a fare dei regali in questo periodo dell’anno, regali anche non materiali, ma più spirituali come il coraggio e la saggezza. Prima dell’epoca vittoriana, quando si cominciò a dare alla figura di Babbo Natale dei connotati completamente diversi, lo stesso ruolo era affidato ad una figura imponente ma longilinea, dall’aria ascetica e inquietante, con un mantello nero e sopra un cavallo bianco, molto diverso dalla figura rubizza e rassicurante che conosciamo anche ora. Anche gli antichi Greci avevano una festa simile per  propiziare la vittoria al Dio Cronos, in battaglia contro Zeus e i Titani. I Romani invece festeggiavano il Dio Saturno e la festa si chiamava appunto Saturnalia, con inizio a metà dicembre fino al primo di Gennaio. In questo periodo,  quando ci si incontrava   per le strade, si era soliti salutarsi dicendo “Io, Saturnalia”; i Romani festeggiavano inoltre facendo lunghi e lauti pranzi, in compagnia di amici e parenti e scambiandosi dei regali augurali chiamati Strenae, termine da cui deriva la tradizione delle strenne natalizie. Le case venivano addobbate con ghirlande di alloro e sui sempreverdi venivano accese candele. Gli schiavi in quell’occasione, venivano resi liberi. Si facevano celebrazioni in onore degli spiriti dei boschi, si portavano in casa  degli alberi che venivano decorati con campanelle, candele e con nastrini dai colori brillanti per attrarre gli spiriti. Pane, frutta e noci venivano appesi sui rami per dare cibo agli stessi. Si intonavano canti di gruppo per guidare gli spiriti al rifugio delle case e i ceppi venivano accesi per dare calore. Sin dai tempi antichi, dalla Siberia alle Isole Britanniche, passando per l’Europa Centrale e il Mediterraneo, ci fu  tutto un fiorire di riti e cosmogonie che celebravano le nozze fatali della notte più lunga col giorno più breve.

I nostri antenati, che si consideravano parte del grande cerchio della vita, ritenevano che ogni loro azione, anche la più piccola, potesse influenzare i grandi cicli del cosmo. Così si celebravano riti per assicurare la rigenerazione del Sole e si accendevano fuochi per ricordarne la forza e per propiziarne, tramite la cosiddetta “magia simpatica”, la rinascita e la ripresa della sua feconda e trionfale attività. Anche i Sassoni celebravano  Modranicht , la notte della Madre, il 24-25 dicembre: si celebrava la nascita del Sole per il solstizio d’inverno e il giorno che seguiva la notte della Madre dedicato a festeggiare la Dea. Yule e Natale non sono poi così diversi: entrambi celebrano l’arrivo del Dio/Sole, così come Cristo è stato chiamato la luce del mondo.

Anche la simbologia degli alberi sempreverdi sono un elemento fondamentale delle celebrazioni del solstizio invernale: l’albero sempreverde mantiene le sue foglie tutto l’anno ed è un ovvio simbolo della persistenza della vita, anche attraverso il freddo e l’oscurità dell’inverno. Un altro simbolo legato a Yule è il fuoco e l’uso di un ceppo: durante l’anno  veniva salvato e custodito un ceppo, generalmente di quercia,  che aveva il compito di proteggere la casa: veniva decorato con aghi di pino e pigne e quindi bruciato nel caminetto  durante la notte di Yule, per simboleggiare il ritorno del Sole. Anche la ghirlanda è simbolo di Yule, perchè rappresenta l’eterno girare della ruota della vita e della Natura. E’ tradizione fare una ghirlanda di vischio e rami di abete per simboleggiare l’antica ruota attraverso cui passavano i pagani dei tempi. La pianta sacra del Solstizio d’Inverno è il vischio, pianta che è simbolo della vita, con le sue bacche bianche e traslucide che rievocano il seme maschile. Il vischio, pianta sacra ai druidi, era considerata emanazione divina, in quanto pianta discesa dal cielo, simbolo di eternitá, di rigenerazione ma anche di immortalitá. Ancora oggi baciarsi sotto il vischio è un gesto propiziatorio di fortuna e la prima persona a entrare in casa dopo Farlas deve portare con sè un ramo di vischio. Il vischio, il pungitopo e l’edera si usano tuttora come decorazioni di esterni, ma anche di interni: un rametto di agrifoglio custodito per tutto l’anno, assicura fortuna alla casa e alla famiglia. Queste usanze solstiziali sono state successivamente trasferite al 1 gennaio, il Capodanno dell’attuale calendario civile. I cibi tradizionali di Yule sono la frutta secca, i dolci con il cumino dei prati, bagnati col sidro. Le bevande tradizionali sono il Wassil, il Lambswool, il té di ibisco o di zenzero.

 Un olio adatto ad alimentare la fiamma delle candele lo possiamo fare con:

5ml di olio di pino
5ml di olio di cannella
5ml di olio di oliva
1 cucchiaio di radice di zenzero rotta a piccoli pezzi
3 cucchiai di sale marino
Il profumo emanato da questa fiamma infonde sacralità e pace, favorisce  la concentrazione di ognuno sui valori della famiglia, delle proprie radici e propizia la serenità.

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